Crisi umanitaria – Coscrizione a tempo indeterminato

Le violazioni dei diritti umanitari in Eritrea nell’ultimo ventennio sono ormai ben conosciute, in quanto denunciate ripetutamente da diverse organizzazioni internazionali e da vari studiosi. Le gravi violazioni contestate al governo eritreo riguardano arresti e detenzioni arbitrarie, torture, sparizioni di persone, esecuzioni extra-giudiziali, assenza totale di libertà di espressione, di movimento e di credo [1].

È tutta la società a soffrire per queste violazioni, ma sono soprattutto i giovani ad essere colpiti da questo sistema repressivo. Sebbene i motivi per i quali le giovani e i giovani eritrei fuggono dal paese derivino anche da questo sistema basato sulle violazioni dei diritti fondamentali, la causa principale dell’esodo in massa è da attribuirsi al servizio militare a cui essi sono assoggettati per un tempo indeterminato.

Il Proclama per il Servizio Nazionale 82/1995,obbliga tutti i cittadini, donne e uomini, dai 18 fino ai 40 anni a prestare servizio per un periodo di 18 mesi. In realtà l’Eritrea odierna è una nazione altamente militarizzata e, a partire dal 1997, tutti i giovani continuano ad essere arruolati nell’esercito senza essere congedati. Gran parte di questi giovani ha già trascorso metà della propria vita al servizio militare [2]. La militarizzazione della società é aumentata ancora di più dal 2012, da quando il governo ha creato una nuova milizia in tutte le città, costringendo tutti i cittadini fino all’età di 70 anni ad armarsi.

I rapporti di varie organizzazioni internazionali e le testimonianze di molti rifugiati descrivono come tutte le ragazze e i ragazzi coscritti siano costretti a lavorare in condizioni degradanti per una paga veramente misera. Le testimonianze descrivono i lavori forzati, la privazione generale di ogni libertà di movimento, le detenzioni con conseguenti trattamenti crudeli e torture, ma soprattutto denunciano il fatto che il servizio militare è in realtà una forma di schiavitù che nega la possibilità di scegliere e crearsi un futuro.

Costretti ormai da anni a sottostare a questo sistema repressivo, decine di migliaia di giovani, donne, uomini e bambini, varcano i confini del Sudan o dell’Etiopia per poi proseguire verso altre destinazioni. Molti di loro rimangono nel Sudan o in Etiopia in attesa di altre opportunità per proseguire il viaggio verso altre mete. Molti iniziano un viaggio pieno di rischi e attraversano il deserto del Sahara per arrivare alle rive meridionali del Mediterraneo e tentare di raggiungere l’Europa. Altri rimangono vittime di trafficanti umani nelle regione del Sinai egiziano, dove vengono sottoposti a stupri e torture indicibili. Molti si trovano nelle prigioni in Egitto, privati di ogni diritto e di qualsiasi riconoscimento come rifugiati. Altri si trovano in Israele, anche qui senza alcun riconoscimento di qualsiasi status e senza nemmeno il diritto di lavorare.

Fuggiti da un regime oppressivo, oggi questi giovani stanno cercando di far sentire le loro voci per descrivere le loro vicissitudini, per spiegare i motivi per cui hanno abbandonato le loro case e per rivendicare i loro diritti di profughi.

L’Archivio delle memorie migranti desidera dare spazio a queste voci presentando in questa pagina iniziale la campagna “Stop Slavery in Eritrea”, iniziata da un gruppo di ragazze e ragazzi scappati dall’Eritrea con lo scopo di denunciare il carattere oppressivo del servizio militare nel loro paese.

 

[1] Kjetil Tronvoll (2009), The Lasting Struggle for Freedom in Eritrea. Human Rights and Political Development, 1991-2009.

[2] International Crisis Group (2010), Eritrea: The Siege StateHuman Rights Watch (2009), Service for Life. State Repression and Indefinite Conscription in Eritrea.