L’Eritrea e la sua storia
L’Eritrea diventa uno stato indipendente nel 1993, dopo più di trent’anni di guerra di liberazione contro l’Etiopia. Quella eritrea è una storia di dominazioni straniere, di lotte per la libertà e l’autodeterminazione, ma anche di continue guerre con i paesi confinanti.
L’Eritrea e il colonialismo italiano
L’Eritrea nasce ufficialmente nel 1890 come Colonia Eritrea. Nell’era dello Scramble for Africa, è infatti l’Italia a ritagliarsi la sfera d’influenza nel Corno d’Africa, con l’acquisto da parte della compagnia marittima Rubattino della Baia di Assab nel 1869, ceduta al governo italiano nel 1882 e l’occupazione di Massaua nel 1885. L’Italia si espande nell’altopiano con l’idea di occupare l’Etiopia, ma viene sconfitta prima a Dogali nel 1887 e poi ad Adua nel 1896. La sconfitta di Adua mette fine alle mire espansionistiche italiane in Etiopia e allo stesso tempo l’imperatore etiope Menelik II riconosce all’Italia la Colonia Eritrea. L’Italia consolida la sua presenza in colonia, la colonia primogenita, per non screditarsi ulteriormente agli occhi dell’opinione pubblica nazionale e internazionale dopo la sconfitta di Adua. Negli anni Trenta, in pieno regime fascista, le politiche coloniali italiane subiscono dei radicali cambiamenti e assumono connotati bellici sempre più evidenti: il progetto di Mussolini prevede la migrazione di massa di coloni italiani oltremare (colonialismo demografico) e la conquista dell’Etiopia. L’Eritrea diventa base di attacco della nuova politica espansionistica italiana. Nel 1935-36, l’Italia occupa l’Etiopia grazie soprattutto ad un vasto uso di gas chimici che devastano intere aree del paese e proclama la “conquista dell’Impero”. L’Impero tuttavia entra in crisi già nel 1937-38 grazie alla sempre più organizzata resistenza delle popolazioni locali e alle azioni di gruppi armati genericamente definiti come “banditi”, “shifta”. Lo scoppio della Seconda Guerra Mondiale mette fine al colonialismo italiano in Africa Orientale. Nel 1941, l’esercito britannico occupa l’Eritrea e l’Etiopia.
L’amministrazione britannica
L’Eritrea è governata da un’amministrazione provvisoria britannica fino al 1952. L’amministrazione britannica avvia una serie di riforme, soprattutto nel campo della formazione e dell’economia, ma mantiene quasi intatta la struttura amministrativa creata dagli italiani e, almeno fino al 1945, la segregazione razziale imposta dal fascismo. Le numerose continuità con il governo precedente portano ad una crescente atmosfera di malcontento che sfocia in azioni di violenza urbana e di vera e propria guerriglia, che l’amministrazione britannica, come già in precedenza aveva fatto quella italiana, non esita a denominare “banditismo”. Ad aggravare la situazione, gli interessi internazionali nel controllo della zona e le pretese di annessione dell’Etiopia, contrastate dalle spinte indipendentiste di vari gruppi politici eritrei formatisi negli anni Quaranta. Dominano la scena politica eritrea il blocco unionista, supportato dall’Etiopia, e il blocco indipendentista.
La federazione con l’Etiopia
Nel 1952 l’Eritrea viene dichiarata dalle Nazioni Unite regione autonoma federata con l’Etiopia. L’ipotesi federativa è considerata dalle Nazioni Unite come una soluzione di sintesi tra le istanze dei diversi movimenti politici presenti nel paese, ma evidenzia ben presto tutti i suoi limiti e contraddizioni. Tutti i posti chiave sono occupati da persone vicine al regime dell’imperatore Haile Sellassie che nel 1962 annette l’Eritrea all’Etiopia. Le evidenti violazioni dell’autonomia eritrea perpetuate dall’impero etiopico durante tutto il periodo della federazione e l’annessione nel 1962 portano allo scoppio di una lunga guerra di liberazione che si conclude nel 1991.
La guerra di liberazione
La guerra di liberazione eritrea dura 30 anni. Negli anni Sessanta viene condotta dal Fronte di Liberazione Eritreo (Eritrean Liberation Front – ELF), formato da leader politici in esilio di prevalenza musulmana che conta però sul supporto di gruppi anti-etiopici locali clandestini. La lotta armata è considerata dall’ELF l’unico strumento per liberare l’Eritrea dal dominio dell’Etiopia, e nel 1961 il primo colpo di arma contro il regime di Haile Sellassie arriva dal bassopiano orientale eritreo. Si apre in tal modo la lunga stagione di lotta armata per la liberazione.
All’inizio degli anni Settanta, il Fronte di Liberazione Eritreo subisce una divisione interna che porta alla formazione di un altro fronte di lotta, il Fronte Popolare di Liberazione Eritrea (Eritrean People Liberation Front – EPLF) cha ha tra i suoi fondatori Isaias Afeworki, attuale presidente dell’Eritrea. I due fronti entrano in conflitto. Nel frattempo la situazione politica cambia anche in Etiopia. Haile Sellassie viene deposto dal colonnello Mengistu Haile Mariam, che con un colpo di stato prende il potere nel 1974 e instaura un regime di stampo comunista sostenuto dall’Unione Sovietica. Contro la dittatura di Mengistu, si oppone internamente al paese il Fronte di Liberazione del Tigrai (Tigray Liberation Front – TPLF) che si allea con l’EPLF e conduce una vera e propria guerra contro il dittatore. La guerra si conclude nel 1991 con la vittoria dell’alleanza dei fronti di liberazione. Nel 1993 l’Eritrea indice un referendum in cui il 98,8% della popolazione vota a favore dell’indipendenza.
Eritrea e Etiopia nel periodo post-indipendenza
Le tensioni tra Etiopia ed Eritrea non diminuiscono dopo l’indipendenza eritrea, nonostante l’alleanza tra di fronti di liberazione durante la guerra. Nel 1998, tensioni al confine portano allo scoppio di un altro conflitto che si conclude soltanto nel 2000 con accordi di pace che prevedono la demilitarizzazione dei confini e la demarcazione dei confini attraverso una commissione delle Nazioni Unite (Boundary Commission). Nel 2003, si conclude la demarcazione dei confini da parte della Boundary Commission. I risultati non soddisfano però l’Etiopia. Le tensioni tra i due paesi riemergono, nonostante la presenza del contingente delle Nazioni Unite nell’area di confine. Nel 2008, le Nazioni Unite decidono di ritirare il contingente di pace al confine, in seguito alle numerose ostruzioni sia del governo eritreo che di quello etiopico. Il rischio di un conflitto al confine rimane alto, ma soprattutto ha forti ripercussioni nella politica interna, soprattutto per quanto riguarda la violazione dei diritti umani dei cittadini eritrei.