Stefano Liberti, Andrea Segre
Mar Mediterraneo, Shousha (Tunisia) – 2012 – 60′
Scheda film
Regia, Soggetto/Sceneggiatura: Stefano Liberti, Andrea Segre;
Con: Ermias Berhane, Omer Ibrahim, Roman Amore, Jemal Mohammed Omer, Bekit
Saleh Okud, Shishay Tesfay, Tedros Ojbay, Gedey Bahlbi, Nathael Tedros,
Yoel Tedros, Abdirahman, Abdikadir, Foowis, Abu Kurke, Semere Kahsay,
Tsige Kahsay, Nahere Kahsay;
Fotografia: Matteo Calore, Simone Falso, Andrea Segre;
Montaggio: Sara Zavarise;
Musica: Piccola Bottega Baltazar;
Produzione, Distribuzione: Zalab;
Formato: 35 mm
Sinossi
Tra maggio 2009 e settembre 2010 oltre duemila migranti africani vennero intercettati nelle acque del Mediterraneo e respinti in Libia dalla marina e dalla polizia italiana; in seguito agli accordi tra Gheddafi e Berlusconi, infatti, le barche dei migranti venivano sistematicamente ricondotte in territorio libico, dove non esisteva alcun diritto di protezione e la polizia esercitava indisturbata varie forme di abusi e di violenze. Non si è mai potuto sapere ciò che realmente succedeva ai migranti durante i respingimenti, perché nessun giornalista era ammesso sulle navi e perché tutti i testimoni furono poi destinati alla detenzione in Libia. Nel marzo 2011 con lo scoppio della guerra in Libia, tutto è cambiato. Migliaia di migranti africani sono scappati e tra questi anche rifugiati etiopi, eritrei e somali che erano stati precedentemente vittime dei respingimenti italiani e che si sono rifugiati nel campo UNHCR di Shousha in Tunisia, dove li abbiamo incontrati. Nel documentario sono loro, infatti, a raccontare in prima persona cosa vuol dire essere respinti; sono racconti di grande dolore e dignità, ricostruiti con precisione e consapevolezza. Sono quelle testimonianze dirette che ancora mancavano e che mettono in luce le violenze e le violazioni commesse dall’Italia ai danni di persone indifese, innocenti e in cerca di protezione. Una strategia politica che ha purtroppo goduto di un grande consenso nell’opinione pubblica italiana, ma per la quale l’Italia è stata recentemente condannata dalla Corte Europea per i Diritti Umani in seguito ad un processo storico il cui svolgimento fa da cornice alle storie narrate nel documentario.